Charlie Brown
"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)
"Odiare i ricchi è una cosa abbastanza diffusa, soprattutto tra i poveri".
"Tu sai che è esattamente il contrario, vero?"
"I ricchi odiano i poveri?"
"Visto che lasciano che metà del mondo muoia di fame o di guerra direi di sì".
(Sandrone Dazieri, Uccidi i ricchi Rizzoli Editore 2025)
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Devo smetterla.
Devo smetterla di pensare e di scrivere, ma i pensieri, le persone, le parole non ne vogliono sapere di stare al chiuso. Soffrono la cattività.
Chi mi segue da un po’ sa che oltre alla passione per la lettura ho anche la passione per la musica, ragion per cui il mio cervello durante il giorno non solo si nutre di caratteri e caratteri di inchiostro, ma ingrassa anche di note (musicali).
La tv ho smesso di guardarla. Non c’è nulla di interessante. Soliti palinsesti, solite facce, solite discussioni, solite interviste, solite recite di quantoseicarabonaebellaamoredelladellazialosaichenutrounagrandissimastimaperteseiunapersonastupendativogliobene, insomma il solito. Come al bar. Solo che al bar non ti servono la comanda se non sei tu a comandare. In televisione te la servono a prescindere, fregandosene se a te sta bene o no.
C’è poi un’altra strada, qualora ti stufassi di fare zapping col telecomando, che è quella degli abbonamenti a Sky, Netflix, Dazn, Disney+, Prime Video, Now Tv… che devi comunque paga’, allora pagare per pagare per guardare comunque le solite facce e le solite comedy show che nulla aggiungono e nulla tolgono alla creatività degli autori, continuo a sorbirmi lo spettacolo offertomi dal canone allegato alla bolletta della luce (e meno male che dall’altra parte ci pensa la réclame che, comunque, sempre dall’utenza è finanziata. Siamo in un vicolo cieco).
Quindi?
Quindi si legge (dopo cena o a notte fonda). A pranzo, quando capita di desinare a casa, per non deprimersi con le notizie del telegiornale, ammorbarsi con le soap opera o altre trasmissioni condotte da presentatori e presentatrici, giornalisti di illustre fama e carriera che, mannaggiallamiseriaguaiateseproviafammenacriticaoafareilsaputelloconmechetantososemprepiùbravoecompetenteiodetebastavededovesoarivatotemancolaraccoltadifferenziataseibonoafa’, ci si fa un giro sui canali musicali dove trasmettono le canzoni in radiovisione.
Ma pure qua la stessa tiritera.
Prima di tutto cominciamo col dire che le canzoni odierne non le capisco. Vanno bene gli accordi, va bene il ritmo, belli gli strumenti e tutto ma… il contenuto? Dove sono i brividi? Il sentimento? Il testo? Il senso?
So’ vecchia
(e vabbè), ma la musica di oggi non penso la si possa definire musica. Cioè sì, ma non proprio tutta. Spesso è frastuono, rumore, urlo. Tuttavia questa è, e questa ci dobbiamo ascoltare. Chi scrive non può fare altrimenti. Quello che passa in tv non mi piace e per non vederlo devo ripiegare su altri canali. Il problema è che anche questi contenuti mi hanno stancata. E anche qui c’è un riciclo di conduttori che svolgono il lavoro tanto per, o per altre ragioni sconosciute ai comuni mortali. Basta guardarli per capirlo.
C’è chi fa il figo perché lavora in radio da tanti anni, chi sta lì soloperchésonopagatoaltrimentichivesen****, chi non sa parlare (pessima dizione per non dire inesistente), chi perché è il parente di (nulla contro queste persone perché, al di là delle ubbie, c’è poi chi dimostra davvero di meritarselo il posto, ma sono piccole eccezioni) chi perché fa la gavetta suggerito da chissà quale nome altisonante o direttore editoriale, chi perché conosce chi, chi perché è stato messo da tal dei tali… la classica solfa.
La cosa triste è che questa gente viene a fare la morale a noi, mostrandosi benevolente ed empatica con il prossimo, attenta ai temi e ai problemi sociali, comprensiva con chi non ha un lavoro o vive una guerra (in tutti i sensi) sulla propria pelle tutti i giorni. A me sembra tutta una messa in scena. Quante di queste persone sanno cosa sia davvero il sacrificio e cosa vuol dire non riuscire a mettere un pezzo di pane a tavola?
E qui smetto altrimenti mi metto a dire cose che non voglio dire e che non posso dire perché ne ignoro tantissime. Mi sono permessa di fare l’osservazione di cui sopra sulla base, appunto, di ciò che osservo e che avviene sotto i miei occhi tutti i giorni della settimana. Non è una visione a tutto tondo perché delle persone non si può conoscere tutto, men che meno il loro stato d’animo, il loro passato e quel che stanno vivendo nel presente. È ovvio che anche i vip della televisione e dello spettacolo hanno i loro problemi, e che anche il loro lavoro può essere una valvola di sfogo o una maniera per distrarsi dalle ansie e preoccupazioni quotidiane. Poi c’è chi le mette in piazza (facendoci sapere pure quando si fanno la doccia e con chi, con relativi post su Instangram) e chi opta per la privacy.
Pur non condividendo la scelta dei primi, penso che anche quello sia un modo per non sentirsi soli e per esorcizzare le proprie paure. Ergo non posso e non voglio emettere giudizi a cuor leggero (per quanto certe “uscite” possano sembrare assurde) solo perché essa (gente di spettacolo) segue una scuola di pensiero diversa dalla mia.
Ma torniamo al nostro bel discorso sulla musica. Dicevo… che nenia!
Una cosa che non mi spiego è perché chi lavora in un campo dove la fantasia deve fare da padrona alla fine ripropone sempre la stessa… canzone.
Ad esempio, quando la mattina mi trovo a scorrere sul telefono le notizie del giorno, quella stessa notizia viene clonata su più siti.
È un periodo in cui vanno in onda le serie tratte dai classici come Il Gattopardo, Il Conte di Montecristo, oppure su autori come Leopardi e Goliarda Sapienza? State sicuri che per un mese leggeremo sempre notizie al riguardo, nonché le curiosità più strane.
L’ultima che mi è capitata di leggere è quella sulla festa del papà. Come fare gli auguri al proprio papà, le frasi più belle sul papà, come e perché nasce la festa del papà, perché siamo orgogliosi del nostro papà, quanto vuoi bene al tuo papà, i fiori da regalare a papà, consigli pratici su cosa regalare a papà, perché le cravatte blu sono le preferite dai papà e via dicendo.
Vittorio Sgarbi è depresso? Solidarietà a Sgarbi dai colleghi, Come sta oggi Sgarbi e quali sono le sue condizioni di salute, Origine della malattia psichiatrica che ha colpito Sgarbi, Scoperta una nuova causa della depressione, Come si sviluppa la depressione…
Papa Francesco è stato dimesso dal Policlinico Gemelli. Il ritorno del Papa, Come si chiama in gergo tecnico la malattia che ha colpito il Papa, Disturbi della broncopolmonite, malattia che ha colpito il Papa, e come prevenirla, Cosa sappiamo oggi della malattia che ha colpito il Papa, Notte tranquilla per Papa Francesco, Il Papa ringrazia i fedeli per aver pregato per la sua guarigione…
Ultimamente mi capita di guardare in radiovisione un cantante che va in onda su più canali contemporaneamente (stile Mattarella quando viene trasmesso la vigilia di Capodanno a reti unificate).
Radio KissKiss: Ghali, Casa mia.
Passo.
RTL: Ghali, Casa mia.
Passo.
Radio Zeta: Ghali, Casa mia.
Ancora, passo.
R101: Ghali, Casa mia.
Passo di nuovo.
Radio DeeJay: Ghali, Casa mia.
Il giorno appresso.
Radio KissKiss: Giorgia, La cura per me.
Ok, salto.
RTL: Giorgia, La cura per me.
Di nuovo, salto.
Radio Zeta: Giorgia, La cura per me.
Mumble… facciamoci un altro giro.
R101: Giorgia, La cura per me.
No, vabbè…
Radio DeeJay: Giorgia, La cura per me.
Pistole ne abbiamo?
Poi non mi si venga a parlare dell’odio sui social perché se le stesse “notizie” (o lyrics) vengono riconvertite più volte e si fanno il giro del web (senza tanta fantasia), è normale che la gente sbotti.
C’è un giovane cantante che è stato – e continua ad essere – subissato di critiche (sai che notizia Charlie! Tutti so’ subissati da critiche, nessuno va esente) in primis perché non ritenuto dotato di talento canoro, e poi per aver fatto una scelta in merito alla sua carriera professionale. Te credo che una fazione di pubblico non lo può vede’… un po’ per invidia (diciamola tutta) per essere arrivato dove moltissimi non riescono ad arrivare, e poi perché gli addetti alla comunicazione ci mettono del loro per creare antipatie/avversioni, farti scadere o venire a noia un personaggio (esempio radio di cui sopra).
A me che piace tantissimo e trovo che (oltre ad essere un bel ragazzo) si meriti tutto il successo che ha, e che gli auguro continui ad avere, stava per accadere la stessa cosa; e non per colpa del cantante, ma perché la sua canzone era riproposta a catena tutti i giorni e tutti i momenti (tutti, tutti, tutti) alla radio con relativi articoli di accompagno sui siti web “Perché non riusciamo a toglierci dalla testa il brano di” (ma se po’ esse più scemi?).
Ad un certo punto ho dovuto dì pur’io: «Ahò, te vojo bene co’ tutto er core, giuro, ma giuro davero, però mo’ basta! Nun te se po’ senti’ più!».
Ecco spiegato il motivo per cui li chiamano tormentoni, solo che un tempo i tormentoni erano solo quelli estivi, mo’ so’ un tormento tutto l’anno!
Finisce Sanremo: per tre mesi alla radio solo canzoni ascoltate sul palco dell’Ariston. Arriva l’estate: vai con le canzoni del Festivalbar. Ari-parte l’autunno: spopola l’album di Tizio, Caio, Sempronio, Mevio, Filano, Calpurnio (che fai? Nun te li senti? E se poi s’offendono se nun te compri il disco?). Natale: e giù un altro mese ininterrotto di canti natalizi (perché quelli della chiesa non bastano). Gennaio: medley dei brani dell’anno appena concluso. Di nuovo Sanremo: dai co’ le “nuove” canzoni.
Già so’ tormentata di mio, pure voi ve ce mettete co’ ‘sti tormentoni?
“Lo vuoi un tormento?”
“Grazie del pensiero, ma è come se avessi accettato”.
Sono solo esempi che concernono la vita privata e professionale di cantanti, ma che attengono anche ad attori, registi, presentatori (politici manco ce li metto perché quelli è da mo’ che fanno ‘sto mestiere di sta sulla bocca di tutti nella buona e cattiva sorte), comici, show girl, show man e compagnia bella (so’ stancata, io so’ stanca de vedevve e d’ascoltarvi. Scatenatevi un po’ di più con la creatività e torno a guardarvi).
Un’altra attrice – bella, simpatica, solare e, sottolineo, molto talentuosa – per un certo tempo (quanto? Un mese? Di più?) non ha fatto altro che stare sulle copertine di tutte le riviste di spettacolo, di moda, di benessere, di teatro ecc. Per quanto nutra nei suoi confronti un’ammirazione sconsiderata, sono arrivata a leggere una tale abbuffata di notizie e interviste che la riguardavano (alla fine tutte uguali perché che te deve di’ di più di quanto non abbia già detto? Se soffre di stipsi? Qual è il suo costume preferito che indossa quando va al mare? Se se magna la cicoria ripassata tra un set e l’altro?) che, al termine, mi son detta: «Ok, ora però per un mese non ne voglio più sentir parlare».
Considerazioni e pareri li avevamo già prima dell’avvento dei social, con la differenza che non avevamo gli strumenti adatti a far circolare il nostro punto di vista (occhio: punto di vista non giudizio, il giudizio lasciamolo ai magistrati che, per quanto non possiedano certezze e verità assolute, qualche competenza in più di noi ce l’hanno per giudicare). Ora che siamo tutti dopati dalla tecnologia e dal sesto potere, basta veramente poco per scatenare l’ira, la violenza, la depressione, l’insoddisfazione, la perversione, la cattiveria nella gente.
Per questo occorre, ogni tanto, riuscire a guardarsi al di fuori di sé stessi con consapevolezza e sincerità e prendere le giuste distanze dal proprio egocentrismo.
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"Ti cercherò sempre
sperando di non trovarti mai
mi hai detto all’ultimo congedo.
Non ti cercherò mai
sperando sempre di trovarti
ti ho risposto.
Al momento l’arguzia speculare
fu sublime
ma ogni giorno che passa
si rinsalda in me
un unico commento,
ed il commento dice
due imbecilli."
(Michele Mari, Cento poesie d’amore a Ladyhawke Einaudi Editore 2007)
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Ho un cannibale come materasso
Ingordo
Ha divorato il tuo corpo
Di te nelle lenzuola
Non mi resta né l’odore
Né l’impronta.
Ho steso un braccio sul cuscino
Quello che non è il mio
Ho immaginato la forma
La carne che v’era posata sopra,
fino a un istante fa
Ti avevo sulla mia bocca.
Nella veglia quel lembo di tela
È la tua pelle dove vengo a sdraiarmi,
all’alba
con le tapparelle bucate dal sole
Devo farti cadere dal cuore.
Non puoi immaginare quanto rumore fai
Dentro o fuori non fai alcuna differenza
Quel che ferisce e ammala
È la voce della tua assenza,
devo scordarmi le braccia
Fermare la voglia che m’assale
Di averti nelle gore del sudore
Io non sono la donna
Quella all’altezza delle tue parole,
e mentre la notte lascia questo letto al giorno
Per far posto alle noie e alle possibilità del mondo
Che
Innocente e fragile
Mi saluta affacciandosi dalla finestra di questa stanza
Mi costringo
Automa
A rinascere
Dalle ceneri della tua ombra.
(Charlie)