Charlie Brown

"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)


C’era una volta un demente travestito da Scream



Si tu vales bene est, ego valeo.
C’era una volta un demente travestito da Scream, che non era né un demente né un travestito e vi spiego perché.
Il promontorio del Gargano è caratterizzato dal fatto che se da una parte c’è il mare, dall’altra parte c’è la montagna. Ora, non è proprio la montagna dove ci si reca per sciare ma sempre montagna è, ricca di una vasta e folta vegetazione. In questa landa verde sorgono alcune campagne, gran parte abbandonate altre invece abitate.
Per l’argomento che andrò a trattare (avviso: non è un trattato di filosofia) a noi interessa però solo quella parte di campagna disabitata, ovvero costruzioni piccole o medie che sorgono sulla montagna confinante col mare.
La storia, la favola, la barzelletta (o l’incubo) è ambientata proprio tra lo spazio che divide il mare dalla montagna, spazio che vede una strada provinciale (corredata da cespugli) che coniuga i vari paesini del Gargano, meta turistica estiva di molti viaggiatori.
Prima del prosieguo ho bisogno di mettervi al corrente di una cosa: se avete voglia di ridere per questa storia c’è bisogno di molta, molta, molta immaginazione. Altrimenti il gioco non riesce. Pronti?
È un freddo dicembre di moltissimi anni fa quando, discorrendo con amici e cugini a tavola, ascolto una strana vicenda. Orbene, tra compagni – ma soprattutto cugini, specialmente se sono quelli con cui sei cresciuta come se avessi avuto dei fratelli e delle sorelle accanto – è noto il grado di confidenza, anche per certi argomenti su cui spesso ci si scambia pareri, opinioni, suggerimenti. Ad un certo punto del discorso qualcuno dice: «Uagliù (ragazzi, n.d.a.), di ‘sto periodo non percorrete la via di mare, tutti i posti vanno bene ma non andate a mare». La prima cosa che a me viene in mente è: «Perché, cosa c’è? Hanno messo il divieto di balneazione?». Ingenua com’ero ai tempi (ma pure ora) a me pareva strano che ci fosse il divieto di balneazione a dicembre. «No no, niente di che. Non c’è niente a mare, però non ci andate». Ancora io (all’epoca anche romantica che sognavo Una rotonda sul mare): «Se non ci sono divieti perché non ci dobbiamo andare?». Bisbigli, gesti evasivi con la testa, mezze frasi, risposte sussurrate a mezza voce, e infine svelato il mistero. «Ci sono strane presenze».
«Fantasmi? Zombie? Hanno pescato qualche morto in acqua?»
«C’è un tizio che spaventa chi si apposta con la macchina»
«Un guardone?»
«Non è proprio un guardone perché non guarda. Mette solo paura»
«Oddio, che fa?»
«Niente, ti guarda dal finestrino travestito da Scream, hai presente quello del film?»
«Come travestito da Scream? È un matto o un pervertito?».
Aveva talmente dell’assurdo quella storia che pensavo mi volessero prendere in giro (ma chi è che si veste da Scream per andare a spiare le coppiette di notte con il solo intento di spaventarle? Un pervertito, che oltre ad essere pervertito sta anche fuori di testa, appunto!).
«Nessuno dei due»
«Allora perché lo fa?»
«Non lo indovini?»
No, non lo indovinavo perché, come detto, all’epoca ero ingenua e certi affari loschi che avvenivano per le campagne e nei porti di mare non entravano nell’emisfero cerebrale della mia immaginazione; quindi non sapendo che altro fare o dire o domandare, scoppiai a ridere come una scema figurandomi questo deficiente che si aggirava di notte per i cespugli travestito da Scream terrorizzando noi giovani amanti che avevamo solo la macchina per giocare alle telenovele (più che telenovelas scene da Rocco Siffredi, ma soprassediamo), e per godere (nel senso letterale del termine) degli unici momenti romantici assieme al nostro compagno o compagna.
Ma riuscite a immaginarvelo? Voi che state lì in macchina con la vostra dolce metà, lontani dalle luci della città e dagli occhi di tutti (ma non dei guardoni), avvolti nel buio della notte, che vi lasciate cullare dalle onde del mare, velluto nero dello stesso colore del cielo (azz! sono incredibili gli effetti che fa il romanticismo quando uno si lascia andare mentre scrive), sedotti da dolci frasi d’amore e dalla poesia delle sue mani (aridaje!), e proprio quando arrivi al momento clou, quello più estasiante pe’ capisse, v’accorgete che ce sta un demente che vi guarda dal finestrino, tutto vestito di nero e con la faccia di Micheal Jackson che vi regala un infarto con uno spavento invece che con un amplesso????? (‘tacci tua…!)
«Ma tu lo hai visto?» continuo con le lacrime agli occhi «Nel senso, hai avuto il piacere di incontrare questo soggetto?»
«Ma sei matta? Noooo, me lo hanno detto e comunque c’è in giro questa voce»
«No raga’, non ci credo… dai»
«È vero, pure io so di questa cosa e di questo tizio qua»
«Vabbé ma travestito da Scream… ma scusa non può semplicemente guardare e basta? Io, se lo vedo, mi sposto con la macchina, pure perché non mi va giù che qualcuno mi guardi mentre sto con il mio ragazzo»
«No, perché lui vuole proprio che te ne devi andare da quel posto, non che ti devi spostare. E, soprattutto, non vuole che tu guardi»
«In che senso?»
Il senso della burla di cui fui resa edotta era quanto ho spiegato sopra, ovvero un “traffico” in cui il demente (che demente non era per quanto potesse sembrare un demente) voleva che non incappasse il malcapitato di turno (anche qui termine più adatto non può esserci). Anzi, per farvi capire dove fosse l’intelligenza/il genio di questo qua, Scream gli stava salvando il c…
«Oh, se non ci credi fatti un giro a mare e vedi».
«Ma non ci penso proprio». Primo: perché vedere un tizio che si aggirava per le campagne abbandonate confuso con l’inchiostro della notte faceva già paura di suo (soprattutto se la paura era accresciuta dall’illusione ottica di vedere solo un teschio bianco che si muoveva tra le siepi). Secondo: dopo quanto mi avevano riferito, la ragione per recarmi a mare era ancora più terrificante dello stesso imbecille che si credeva (forse, dico forse per la motivazione di cui prima) Diabolik invece che un personaggio da film horror. Terzo (il più importante): a me nessuno mi ci ha mai portata, pure perché ce li mannavo.

Per esempio questo è un esempio 



Mi avvio alla conclusione.
Qualcuno penserà che mi sia inventata tutto, altri che la storia è vera. Per la felicità di tutti i credenti e dei cattolici in verità, in verità vi dico: sì, la storia è vera. Succedeva veramente.
Io l’ho sempre letta e raccontata in chiave comica quando, se ci pensate bene, non c’era nulla di comico.
Il demente non era un demente, lo strumento per sortire gli effetti desiderati era riuscitissimo (oh, nun se so più visti manco li cani accoppiasse a mare, figuriamoci le persone), oserei scrivere anche “effetti desiderati e indolori” perché il metodo era studiato per non fare del male a nessuno.
Ma se da una parte non si usavano minacce o pistole, è pur vero che la morte era sempre in agguato. Ok, non c’era violenza solo avvertimento (“Se mi vedi gira alla larga, oggi il mare è in burrasca”!) ma l’infarto non te lo toglieva nessuno (mi immagino una scena tipo questa: il poveretto, dopo essere caduto vittima dell’incubo, una volta che mette piede in Paradiso i compagni di viaggio gli chiedono: «Qui è bellissimo, stiamo finalmente bene tutti quanti insieme, vedrai ti divertirai anche tu. Ma, a proposito, come ti è venuto l’infarto?» e quello che risponde: «Mah, guarda stavo lì che scoppiavo di salute quando improvvisamente, mentre mi facevo i fatti miei con la mia bella, è apparso un coglione travestito da Scream…»).
E questo è niente.
Scream non parlava, non faceva a botte, non urlava. Immaginate se invece, oltre che andarsene pe’ fratte muovendosi come un felino nel buio, si metteva pure a gridare! (tanto per fare pendant con la sua maschera)¹.
Se c’era qualche possibilità di salvezza dopo lo spavento state sicuri che se si fosse messo pure a urlare le possibilità di sopravvivenza erano pari a zero (riuscite a immaginare il cretino che urla di notte in un drive-in con la maschera di Scream?).
Avrei voluto dire al cortese "signore": «Senti Scream, io ti ringrazio per l’accortezza che hai nei nostri riguardi, ma morì pe’ morì è meglio che moriamo ammazzati, capisci bene che con lo spavento non è che ci dispensi dalla morte, col rischio di avere pure complicazioni al cuore quando siamo nel fior fiore della gioventù…».
Il poveretto, in effetti, ci stava facendo un favore garantendo, con quel travestimento, due risultati: “salvare” noi giovani (lo metto tra parentesi sempre per la motivazione appena citata) da guai prossimi o futuri, e permettere ai suoi capi di scorrazzare liberi per il territorio.
Adesso se “il genio” di questa trovata (perché la trovata di spaventare la gente, visto che doveva solo spaventare, per non far avvicinare nessuno al posto era formidabile) fosse frutto della mente di Scream o dei suoi superiori non lo abbiamo mai saputo, quel che mi sento di dire è che meno male che posso dire c’era una volta un demente travestito da Scream per la salvaguardia dell’incolumità di tutti.

PS: in effetti, avrei potuto intitolare questa favola anche con "Come ammazzare il romanticismo", ma C'era una volta un demente travestito da Scream lasciava più spazio all'immaginazione.





¹ Scream, tradotto dall’inglese, significa grido/urlo.

Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Umorismo | Commenti pubblicati dagli utenti : 0 | Data : 28/10/24

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Non succede mai niente di bello… o quasi


L’episodio a cui state per assistere – ammesso che vogliate vederlo – è la puntata numero 22 del cartone animato targato anni ’80, Ransie la strega.
Tanti erano i cartoni animati che seguivo nei miei anni verdi (ahimè, ahivoi, ahinoi, ahitutti, AHIÓ! Guagliò!) ogni pomeriggio, ma Ransie era in assoluto, insieme a Pollon, quello che amavo più di tutti.
Breve sinossi per chi non conosce la storia.
Ransie fa parte di una non comune famiglia. Sua madre Sheila è una donna lupo, suo padre Boris è un vampiro e il fratellino Ronnie, seppur non si vede mai trasformarsi o esercitare magie a differenza dei suoi, ha ereditato dal padre la natura di vampiro. Ransie, come ci rende noto il titolo, è una strega. Una liceale molto carina, capelli castani, occhi azzurri, dal carattere docile, altruista e molto molto tenero. Insomma, tutto il contrario di una strega. Non fa parte dei comuni mortali, perché sia lei che la sua famiglia sono dotati di poteri magici. Le premesse per una storia macabra ci sono tutte, fatto sta che i personaggi, sia primari che secondari, invece di far paura fanno ridere, fino ad assumere carattere di demenzialità. E qui sta il bello.
Ransie si innamora di un compagno di scuola, Paul Cabor, che ama lo sport e pratica il pugilato, ma non è la sola perché anche Lisa Thompson, altra compagna di scuola, è innamorata di Paul sin da quando era piccola. Si capisce quindi che tra Ransie e Lisa non corre buon sangue, sempre in combutta per conquistare il cuore del giovanotto (che è segretamente innamorato di Ransie).
La ragazza ha il potere di prendere le sembianze di chi vuole, basta dare un morso alla “vittima” di turno e si trasforma in costui o costei. Per tornare ad essere se stessa deve starnutire.
I fattori che mi spingono ad amare il suddetto cartone animato non hanno solo una motivazione… come dire… romantica (un lui, una lei, una rivale), ma si caratterizzano per tantissimi messaggi buoni – e sottolineo buoni – che sono stati d’esempio e che hanno forgiato la mia generazione, a differenza dei cartoni animati che si sono succeduti negli anni (penso a I Griffin o a I Simpson, ma cartoni animati degenerati ce ne sono eccome).
Adesso, cominciamo col dire che parteggio per Ransie nella sua battaglia d’amore ma, in questo episodio, non posso fare a meno di stare dalla parte di Lisa. Povera piccola! Aveva approfittato di un’ottima scusa per stare una volta tanto da sola con Paul senza quella ficcanaso di Ransie tra le costole, e invece quest’ultima pensa bene di piombarle in casa con tutti gli amici per rovinarle la festa. Come se tutto ciò fosse poco, i sogni ad occhi aperti fanno pure schifo: non succede mai niente, sono ripetitivi, noiosi e anche in questo magnifico (o quantomeno dovrebbe definirsi magnifico) iperuranio Ransie si dà il suo bel da fare impedendole che succeda quello per cui si sogna che succeda.
Proprio un mondezzaio totale. Aggiungo: una situazione abbastanza comune alla sottoscritta, come la figura di memé (da non confondere con meme, la parola coniata serve solo per non utilizzare un termine più spregiativo) davanti a lui, Paul (ma chi nella sua adolescenza/giovinezza non è mai scivolato nella classica figura di memé davanti a un lui o a una lei?) quando ruzzola giù per le scale, e tanti altri fraintendimenti in corso di puntata.
Bleah, i miei sogni non cambiano proprio mai, non riesco a far succedere niente di nuovo!
Fosse quello il problema Lisa…!
Eppure, chissà perché, nei fumetti e nei cartoni succede sempre qualcosa che valga la pena… essere un personaggio di fantasia.
Anche nelle disavventure.

Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Umorismo | Commenti pubblicati dagli utenti : 0 | Data : 22/10/24

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Errare humanum est


Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Umorismo | Commenti pubblicati dagli utenti : 0 | Data : 21/10/24

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Ok, esala


Un'immagine di coreografia di danza moderna puramente indicativa



“Se ti senti male non ti preoccupare, in fondo al viale c’è sempre l’ospedale.”


Non è uno scherzo, è la verità.

Io dico sempre la verità, non sono brava a mentire. Sono una pessima attrice e, se proprio devo fingere, mi viene da fingere bene – mo’ ce vò – solo a fin di bene (tipo quando devo parare le ciapèt a un amico/a, oppure per non far preoccupare i miei genitori e parenti sul mio stato di salute o di qualche membro della famiglia).

Ma dicevo appunto dell’ospedale (situato in fondo al viale).

Non mi picchiate. Non vi voglio rattristare (non è nelle prerogative di questo blog) né parlare di malattie. Di un gruppo di scellerate che si sono ritrovate, non so come né perché, un giorno in una palestra costruita su un lungo viale alberato tra spazi immersi nel verde (forse perché non avevano una mazza da fare, per non utilizzare altra terminologia più efficace ma gretta) però sì, vi voglio parlare.

La palestra è bella, non menziono qual è altrimenti equivarrebbe a fare pubblicità, e le persone che insegnano ancora più belle dell’intero complesso murario (vabbè, sto divagando).

Ricordate quando vi ho confessato che mi piace ballare? Ecco in questo luogo si balla, ci si allena, si nuota, si chiacchiera, si canta, si pettegola (ci sta) e si esala, perché con Ale si esala.

Ale/Alessandra è la Maestra di ballo, di pilates, di total body (young e adulti), ginnastica dolce e qualche altro corso che in questo momento non mi sovviene (poi dici perché uno esala co’ questa che nun se ferma manco se viene giù l’apocalisse) ¹.

Allora: la incontro, facciamo le dovute presentazioni e scopro che è giovanissima (sui venti anni, ma l’età precisa non ve la dico) ². Ha un viso pulito, fresco, allegro, solare e ridanciano. Ci metto poco ad affezionarmi a lei. Ha una energia smisurata, una forza d’animo e di volontà incredibili ed è bravissima e competente in tutto quello che fa. Insomma è una potenza della natura.

Ah, dimenticavo… è bellissima. Ma questo si era capito ed è pure retorico parlarne (non posto foto perché poi vi innamorate).

E passiamo alle scellerate, o alle pollastre (Lucia direbbe “galline”, più appropriato in effetti visto che non fanno altro che fare coccodè invece di pensare a ballare).

Avete presente il soggetto che scrive? Le pollastre sono tale e quale tale e quale a chi in questo momento vi sta scrivendo, gente su cui potrei scriverci racconti humor da qui all’eternità.

Non ho delle preferenze sulle mie Miss (che su per giù viaggiano, pardon, viaggiamo sui 40/60 all’ora e anche oltre… wow!) perché voglio bene a tutte loro, e quindi è difficile dire se c’è qualcuna che mi piace più delle altre. Posso dire però che ho gli occhi puntati su Lucia – la più svitata del gruppo – e su Giovanna – l’insegnante di sostegno (ebbene sì, abbiamo bisogno del sostegno! Siamo capre, che ce volete fa’) – che sposerei ambedue se non fosse per un “ostacolino”: sono maritate (e so pure fedeli ai mariti ‘ste due!).

Io non demordo però, sto provando a corromperle e vediamo se fino alla fine una delle due non cede. Se non cedono so’ veramente ‘na pippa (io, non loro).

Poi c’è Alessandra, no la Maestra ma un’altra ragazza che è la più brava del gruppo (qualcuno che si applica durante le lezioni e che ci fa onore c’è, meno male), l’elegante e sempiterna Adriana (sempiterna perché in questa scuola/palestra non si ha età, infatti non vado in palestra vado all’asilo), la bella Stella (che danza e si muove come una Stellina), Costanza la mamma di Ale Maestra biasimata costantemente dalla figlia (ma guarda te una che deve sopporta’), la dolcissima Celeste che pe’ vederla è più facile prendere appuntamento cor Papa in Vaticano (si fanno desiderare le mie Miss, si fanno desiderare…), poi c’è Carmela, che dopo essersi informata sull’età di tutte noi, sulle nostre taglie di reggiseno e pure su quella delle mutande è sparita (“Carmè, ma non è che fai parte dei servizi segreti e noi non ce ne siamo accorte?”), Antonella, Lia e Gabriella.

Adesso…

Cosa succede nell’ora di lezione lo dovete solo immaginare (e meno male per Ale che è una sola ora di lezione e quanta pazienza è costretta ad avere co’ ‘sto gruppo de’ scappate de casa). Qui sotto solo alcuni esempi.

È ovvio che si balla (ci si iscrive per il corso di ballo) ma è già tanto se riusciamo a finire la coreografia impegnate più a sparlare di questo e di quella e a fare osservazioni talvolta inopportune (argomento o battuta: sesso, con relativo commento finale di Ale che funge da intercalare ad ogni discorso e con la verecondia che la contraddistingue da tutte noi: “A me m’arrestano”).

Ma vorrei porre l’attenzione su un episodio recente avvenuto proprio pochi giorni fa. A Stellina serviva il nominativo di un medico di famiglia e ha chiesto se potessimo consigliarle qualcuno. Si è fatta avanti Adriana che ha sparato un nome precisando che il medico era prossimo alla pensione. Allorché la domanda non ha tardato ad arrivare: “È vecchio?”. Risposta: “È del ‘56”.

A me la cosa ha strappato una risata per un semplice motivo: alcune di loro viaggiano sulle onde degli anni ‘50, tant’è che quando si sono rese conto della gaffe hanno corretto il tiro fino a soprassedere sulla questione (da oggi in poi le chiamerò le mie Miss “Sono del ’50 ma j n c c’entr”, che tradotto significa “Sono del ’50 ma non faccio parte di quegli anni”).

Quando vogliono, sanno essere davvero perfide le mie ballerine del cuore (però non mordono. Bau!).

Stesso caso si applica ad altre fattispecie similari. Tipo, Ale spiega una coreografia? Vuole sapere dalle sue ciucciarelle (come ama definirci bonariamente) sequenze, battute, la conta dei passi, che tipo di coreografia è, la radice quadrata di sedici, il multiplo di otto, la misura di un angolo retto, allora cominciano a partire le scusanti: “J n g steva”, “Va’ ‘nnanz, quess lam fatt”, “Madò, so cent vot ka u spiega!” ³.

Insomma il mio corso di ballo è costituito da un gruppo di “J n g steva” (Io non c’ero), “N sacc nend j” (Non so niente io), “J ne capit” (Io non ho capito), “J n’apparteng” (Io non appartengo), “J n sacc cuntà” (Io non so contare) e, da ultimo, “J n so nata” (Io non sono nata).

Poi non parliamo delle figure di cacca a cui siamo spudoratamente abbonate.

Esempio. Si presenta una nuova cliente che vuole fare una lezione di prova. Il cielo non voglia che questa prenda il posto di una di noi nello spazio messo a disposizione della sala visto che poi, quando decide di abbandonare prima che finisca l’ora, qualcuna di noi non le faccia notare che ha usurpato un posto che non le spettava, perché di diritto appartiene a una del gruppo (scena avvenuta realmente: colei che è venuta a provare il corso di ballo va via, non aspettiamo nemmeno che esce dalla sala che noi, no la Maestra che a questo punto non sa più dove mettere la faccia, rivolte verso Adriana le diciamo: “Adriana, torna al tuo posto”, il tutto accompagnato da risate generali col chiaro intento di sottolineare alla malcapitata di turno quanto siamo str….).

E potrei ancora continuare discorrendo dell’odio sussiegoso di Lucia nei confronti del jive e della perdita di compostezza e del senso di orientamento che ci caratterizza quando la fantasia di Ale supera se stessa con coreografie un po’ più impegnative dove nun se sa se stiamo giocando a un, due, tre, stella oppure se affaccendate nel kamasutra (parola di Lucia quando un giorno nel voltarsi per eseguire i passi si è trovata a scontrarsi con una sangria di braccia, piedi, gambe, mani, tanto da uscirsene con: “Ma che è? Il kamasutra?”).

Allora Ale ti voglio bene, ma come hai avuto modo di appurare alla Scala non esordiremo mai né tantomeno la sensualità è il nostro forte: meglio il ballo del qua qua, al massimo un girotondo (ho perso una pecorella, tondina tondella). Altro che Elodie, Annalisa, Tony Effe e Gaia e Sesso e samba e la bachata e la cucaracha. Qui esaliamo sul serio (alla faccia di Ok, respira è una fortuna avere l’ospedale vicino, fa pure rima).

Bando alle ciance.

In questo spazio ho voluto dedicare Cuore, Testa, Sentimento, Devozione e Rispetto alle Mie Ragazze (perché sono delle ragazze), delle quali non solo mi sono divertita a scrivere scoppiando a ridere mentre riannodavo con la memoria le fila delle nostre (dis)avventure, ma che devo ringraziare davvero con tutto il cuore per la loro preziosissima compagnia, per la loro solarità, per l’enorme ricchezza d’animo che aiuta ad accrescere la mia persona, il mio spirito e la mia conoscenza, e per la loro allegria che mi risolleva nei giorni down.

Quindi rega’, ve vojo bene. Tenetelo sempre a mente.

La prossima volta scrivo dell’ora di lezione a mo’ di battute da copione e per chi si sente male, mi raccomando… in fondo al viale c’è sempre l’ospedale.




¹Immaginate il pianeta sommerso da catastrofi, devastazioni, guerre, inondazioni… noi tutti morti che manco più gli scheletri trovi per strada e Ale che continua a ballare imperterrita sulle note della canzone di Ligabue, Balliamo sul mondo. Questa è Ale.

²L’incontro di cui parlo è avvenuto a gennaio.

³ “Io non c’ero”, “Passa avanti, questo lo abbiamo fatto”, “Mamma mia, sono cento volte che lo spiega!”


Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Umorismo | Commenti pubblicati dagli utenti : 0 | Data : 09/10/24

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Casqué



Con me non fai il casqué, fai il caghè.

                                   (Charlie)


Credits: Bacio a Times Square di Alfred Eisenstaedt (14 agosto 1945)

Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Umorismo | Commenti pubblicati dagli utenti : 0 | Data : 03/10/24

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Persone


Si tu vales bene est, ego valeo.


Ci si può drogare di persone? Sì, è possibile. Sia nella vita di tutti i giorni che in quella parallela. E qual è la vita parallela?, vi starete chiedendo. Alt. Non quella dei social, della TV, dei cellulari e nemmeno quella dell’aldilà.
È la vita dei libri.
C’è tanta gente nei libri, tante emozioni, tanta verità, tanta conoscenza. Nei libri non c’è sopraffazione, i libri non ti ingannano. Sanno parlarti, sanno ascoltarti, e contrariamente a quanto si pensi ti tengono anche compagnia. Buona o cattiva questo dipende, a seconda dei casi. Come nella vita reale si possono incontrare persone buone e caritatevoli, oppure delinquenti e malfattori. Gli ultimi a volte la scampano, altre volte no (a differenza di quanto accade nella realtà).
I libri fanno molto, dicono molto, i libri drogano. Guarda me. (E qui mi parte uno dei famosi jingle dello script Gesù ti ama: “[…] guarda meeeeee! Adesso sono un’altra, la rabbia non ti basta, hai cose da dire, seee ti perdi segui me, quel vuoto non ti calma…” eccetera, eccetera, eccetera).
Se non ci credete che drogano, ora ne avete la prova.
Ebbene lasciate che vi dica una cosa. A proposito di lasciti, lasciate perdere la droga e imbottitevi di droghe più naturali che non fanno male, ma non fanno che arricchirvi dentro e fuori (specie se disponete di ampie metrature a casa dove poter costruire biblioteche) e vi assicuro che:
1. gli effetti eccitanti sono gli stessi (allucinazioni a go-go infinite come l’Infinito di Leopardi, per restare in tema);
cervello che fuma (‘mazza se fuma!);
2. connessioni mentali e associazioni (a delinquere) che Telegram, Instangram, WhatsApp, Facebook, nonché tutti i circuiti social, connessioni così se le sognano;
3. incapacità di smettere perché ‘na vorta che parti pe’ la tangente so’ ca… ehm… parti insomma. E non fai più ritorno tra i comuni mortali (“guarda meeeeee! Adesso sono un’altra, la rabbia non ti basta, hai cose da dire…”, cit. ut supra);
4. curiosità di sperimentare nuove esperienze tutti i santi minuti, perché ‘na vorta che ti sale la voglia, ti sale la voglia (non pensate male, e se proprio volete pensare male ok, mi sta bene che leggete pure i porno basta che non visitate Youporn e mettete in moto l’immaginazione, ma, ripeto, leggete);
5. migliora il buonumore (ma quale cavolo di droga non migliora l’umore?);
6. stimola il rapporto con gli altri (si diventa sempre più curiosi e aperti nei confronti del prossimo);
non porta a nessuna reclusione in un centro di tossicodipendenza o relegazione al reparto alcolisti anonimi (ma al manicomio sì perché, che ce voi fa? sempre droga comunque assumi e alla fine gli effetti collaterali si vedono tutti);
7. costruzioni di visioni, fantasie e immagini fino ad arrivare alla regressione totale dei primi anni di infanzia convincendoti che l’Orso Yoghi alla fine eri tu;
8. viaggi pur restando nello stesso posto (soprattutto se hai la diarrea e sei costretto sulla tazza del cesso in quanto cesso);
9. riprendi i rapporti di amicizia interrotti con l’amico immaginario e anche con l’amante immaginario (sempre per chi ce l’ha, e chi ce l’hai beato lui/lei che se lo può permettere, “Tanti auguri! A chi tanti amanti ha, tanti auguri! In campagna ed in città! Come è bello far l’amore da Trieste in giù!” PS: un mio amico anni fa si chiedeva sempre “Ma perché da Trieste? Da Milano non le piaceva?”, ‘sta cosa è vera non me la so’ inventata);
10. è l’unico Credo a cui credi e a cui resti fedele per tutta la vita.

Nella foto sopra alcuni esempi di effetti collaterali


Come vedete, dall’elenco qui redatto gli effetti (indesiderati) sono gli stessi di una banale, comune e volgarissima droga, con alcune differenze fondamentali:
1. con un libro non sei mai solo – la droga ti isola;
2. il libro ti migliora – la droga ti peggiora, diventi brutto anche esteticamente;
3. il libro ti insegna tante cose: arricchisce il linguaggio, la conoscenza, ti aiuta ad affrontare meglio le esperienze di vita, ti aiuta a capire e a conoscere l’altro, offre nuovi spunti di pensiero, di osservazione, nuove prospettive, migliora la tua predisposizione con l’altro, l’approccio nelle situazioni – la droga crea chiusure fisiche ed emotive, impoverisce sia economicamente che spiritualmente, ti toglie dignità, rispetto, considerazione, ti priva del colore, dell’affetto degli altri, non ti dà calore;
4. con un libro puoi viaggiare (visiti luoghi magnifici “a gratis” e senza acquistare il biglietto) – con la droga resti sempre nella stessa fogna;
5. con il libro non solo puoi viaggiare con la testa, ma anche con la fantasia – con la droga nei viaggi psicotropi incontri solo mostri;
6. il libro ti fa stare bene prima, durante e dopo – con la droga stai bene solo durante;
7. il libro cura ferite e lenisce cicatrici – la droga le procura e fa sanguinare quelle esistenti perché quando finiscono gli effetti stai peggio di prima;
8. il libro è tante cose – la droga non è nessuna cosa.


Tutto questo per dirvi che esistono tanti tipi di droga: i libri, lo sport, il cibo, il fumo, la musica, l’arte, il sesso, i social, l’alcool, il giardinaggio… non esistono solo droghe cattive, la parola ha un’accezione negativa perché ad essa si riconduce la dipendenza da qualcosa (che non per forza deve essere la droga come si viene intesa).
Gran parte della gente definisce la lettura un hobby, ognuno le dà la definizione che ritiene più adatta. Io la chiamo droga perché solo la lettura riesce a tirarmi fuori delle visioni così forti, eccitanti e stimolanti (sono una visionaria, insomma altro che mamma Ebe) che mi riconnettono a un tempo passato, mi permettono di capire il presente e di guardare al futuro con accortezza e un pizzico di speranza.
E, soprattutto, di connettermi e di comunicare con le persone in quanto persone e non bersagli di un Poligono.

Appendice (che non è un’appendice e manco un’appendicite) per chi ne volesse sapere di più: inutile che faccio i nomi dei pusher che mi forniscono la merce, la cosa è abbastanza intuibile. In ogni caso, siccome sono tanti (i pusher) e taluni possono sfuggirmi, faccio come i bro (ma come parlo?) suggerendovi alcuni nominativi che troverete sparsi in questo blog (per la serie: trova l’intruso, o il reo no confesso perché si nasconde sotto al letto).
Poi, casomai, più in là faremo un gioco o dei quiz per testare la vostra dipendenza.

Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Umorismo | Commenti pubblicati dagli utenti : 0 | Data : 27/09/24

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