Charlie Brown

"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)


Blue Valentine (sesta ed ultima parte)


« È lei? »
« Sì. È lei »
« È bellissima »
Erano nella camera da letto di lui. Lei seduta sul letto, lui mezzo seduto e mezzo sdraiato vicino al capezzale. Tutti e due erano in pantaloni neri e camicia e senza scarpe.
Anna teneva in mano una fotografia di Silvia a mezzo busto che la ritraeva sorridente con un cappello a tesa larga e con un vestito di chiffon sgargiante di colori.
« Lo aveva detto anche il fotografo. Era un suo amico ai tempi del liceo. È stato lui a fargliela. Eravamo ad un ricevimento. Disse che era la foto più bella in assoluto che le avesse mai scattato. Silvia la diede a me. Ha altre foto di quel giorno. Ha fatto diversi servizi fotografici »
« È una modella? »
« No lavora in società con me. Lo fa come hobby. Nel tempo libero le piace essere fotografata. Non so se avesse voluto fare la modella. Non gliel’ho mai chiesto »
« Hai una bella casa. È qui che verrete ad abitare quando vi sposerete? »
Diego evitò di guardarla quando le rispose.
« Non ci sarà alcun matrimonio. Ho lasciato Silvia »
Gli chiese perché.
« Perché non l’amavo »
« Dopo cinque anni insieme » Anna fece il gesto di alzarsi ma lui la bloccò.
« Dove vai? »
« Ti sto rovinando la vita Diego »
« Tutt’altro. Se non t’avessi conosciuta avrei commesso l’errore più grande della mia vita »
« Diego io e te abbiamo solo scopato. Non confondere il sesso con qualcosa che non c’è mai stato »
« Sbaglio o mi sembrava che fossi felice di rivedermi questa sera? Hai detto che mi avresti aspettato. E l’hai fatto. Adesso perché ti tiri indietro? »
« Non è come pensi »
« Com’è allora? Spiegamelo »
« Non lo so! »
« Che vuoi fare? » le chiese.
« Non lo so…io…non lo so, proprio non lo so »
S’addormentarono vestiti tenendosi abbracciati.
Fu Anna la prima a svegliarsi. Lo trovò che dormiva vicino a lei come un bambino vicino al suo giocattolo. Gli accarezzò la fronte, gli occhi, il viso, la barba. Gli baciò la fronte e gli occhi annusando il suo profumo dalla fragranza non troppo forte ma deciso. Scivolò dal letto, raccolse i suoi sandali col tacco e sgusciò fuori dalla porta.



Diego non era più riuscito a chiudere occhio da quando l’aveva sentita uscire di casa. Fu così che s’alzò con un cerchio alla testa e con quel dolore presenziò al CDA di quella mattina quando il cellulare squillò. Lo sentì vibrare nel taschino interno della giacca. Lo tirò fuori, lesse il numero e si scusò coi soci allontanando la sedia dal tavolo ovale della sala riunioni e uscendo fuori.
« Anna? »
All’altro capo della linea sentì solo dei singulti soffocati.
« Diego… Diego ho bisogno di te… ti prego vieni…vieni…»
Si diresse al Blue Valentine di corsa e appena aprì la porta del suo camerino Anna gli fu addosso piangendo e singhiozzando come non l’aveva mai vista.

« Anna, calmati. Ci sono qui io. È tutto finito, avanti. Che è successo? »
Gli ci vollero dieci minuti prima di riuscire a calmarla. La fece sedere sul letto, riempì un bicchiere d’acqua e glielo porse. Lei bevve.
« Va meglio? » le domandò sedendole accanto. Annuì.
« Ti va di raccontarmi cosa è successo? »
« Non lo so… non so cosa sia successo. Ero a casa e stavo leggendo un libro quando ad un tratto mi sono sentita soffocare. Ho lasciato tutto e sono venuta qui di corsa perché credevo di star meglio e invece…invece è stato peggio » ricominciò a piangere.
Diego prese il suo cellulare e avvisò in ufficio che avrebbe fatto ritorno nel pomeriggio.
Non seppe mai cosa accadde dopo che quel giorno l’ebbe lasciata sola. Aveva trascorso tutta la mattinata con lei portandola al parco, sulle giostre, mangiando un gelato e camminando per le strade della città.
Quando la sera fece ritorno al Blue Valentine la trovò ubriaca e con le ecchimosi sul corpo. La portò con sé contro la volontà di lei che gli vomitò in macchina durante il tragitto fino a casa di lui. La condusse in bagno. La spogliò, la fece stendere nella vasca che aveva riempito d’acqua e dove aveva versato il bagnoschiuma, e la lavò con le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti. Anna si lasciò fare senza neanche guardarlo. Teneva lo sguardo altrove verso angoli della casa scoperti e vuoti. Gemeva quando lui le passava la spugna sui lividi della pelle.
« Chi ti ha conciata così? »
La aiutò ad alzarsi per avvolgerla nell’accappatoio, le fece indossare una camicia da notte di Silvia che le stava lunga e larga e la mise a letto.
Per tutta la notte ebbe un sogno agitato borbottando frasi incomprensibili.
Diego la osservò standosene seduto a cavalcioni su una sedia e coi gomiti alla spalliera. Una lacrima scivolò lungo il viso di lei.
Il mattino dopo fece venire un medico a casa sua di modo che la visitasse. Non trovò segni di violenza anche se non gli nascose che la donna aveva avuto diversi rapporti sessuali.
« Chi è Diego? »
« Una poveretta che ho raccolto per strada ieri di ritorno a lavoro »
Il dottore gli lasciò una pomata che si raccomandò la donna usasse ogni volta che andasse in bagno.
« Non avresti dovuto farlo » lo ammonì Anna ancora a letto dopo che il medico se ne fu andato.
« Resterai qui finché non ti sarai completamente rimessa »
« Perché? »
« Perché non voglio che tu metta di nuovo piede in quel locale »
« Non è certo la prima volta che mi accade una cosa simile »
Si guardarono negli occhi. Poi Diego le diede la pomata che gli aveva lasciato il medico.
« Devo andare a lavoro prima che si faccia troppo tardi. Usala tutte le volte dopo che ti sei lavata » le disse mentre indossava la giacca.
« Non hai paura che possa entrare la tua fidanzata e possa trovarmi qui da un momento all’altro? »
« È un mese che Silvia non mette più piede in casa mia. Verrà la donna di servizio alle dieci. Ma non darti pensiero. Dirò a lei la stessa cosa che ho detto al dottore »
In ufficio Diego ci restò fino a tardi. Tutto il giorno aveva faticato a concentrarsi sul lavoro e per ben due volte Jill e Giorgio si erano trovati a parlare con lui mentre giocava ad impilare carte da poker una sull’altra tirando su strane costruzioni.
Quando uscirono fuori dalle stanze del Presidente la segretaria e l’amministratore delegato si scambiarono un’occhiata.
L’ultima persona che vide prima di andare a casa fu Silvia.
Erano le undici e nella sede della Dragone SpA non era rimasto nessun altro.
Silvia gli posò sulla scrivania gli ultimi incartamenti di quel giorno.
« I contratti che mi avevi chiesto »
« Hai dato loro un’occhiata? »
« Mi sembrano buoni. Ma l’ultima parola spetta a te. Sei tu che devi siglarli »
Diego li prese e li firmò uno per uno senza neanche leggerli.
« Che fai? » gli domandò Silvia che non si era seduta.
« Mi sono sempre fidato di te »
Lei non disse nulla abbassando lo sguardo.
« Ho parlato con Padre Domenico. Ho disdetto la cerimonia e la sala nuziale. Hanno detto che ci faranno causa. E ho detto a Jill di chiamare tutti gli inviatati per informarli che il ricevimento non ci sarà ».
Aveva raccolto i capelli lunghi in una coda di cavallo. Aveva il volto tirato e il trucco era scomparso. Da qualche giorno piccole e sottilissime rughe le erano apparse agli angoli degli occhi. La camicetta rosa era stropicciata, un bottone ballonzolava sulla giacca. Gli unici gioielli che portava erano degli orecchini a pendenti.
« Grazie » disse Diego « grazie per il lavoro svolto Silvia. Non credo che ce l’avrei fatta senza il tuo aiuto »
« Dimentichi che se non fosse per te a quest’ora ci mangeremmo le mani per la mancata fusione con la Golden Power. Comunque di qualsiasi cosa tu abbia bisogno sai che puoi contare su di me »
Diego s’alzò dalla sedia dietro la scrivania e si accese una sigaretta.
« Non vai a casa? » gli domandò Silvia.
« Sì, ci vado tra un po’ »
« C’è qualcosa che non va? A me puoi dirlo »
Diego si passò una mano sulla fronte.
« Non lo so »
Scoppiò a piangere tenendo il viso nascosto dietro la mano. Silvia lo raggiunse dall’altro lato della scrivania. « Diego cos’hai? »
Diego l’abbracciò e lei lo stinse a lui.
« Non so nulla Silvia…» singhiozzò con la testa reclinata tra l’incavo della spalla sinistra e del collo di lei « non so cosa mi stia succedendo ».
Per un po’ lei lo lasciò sfogare annusando il suo profumo di dopobarba sulla pelle e sui vestiti. Poi lasciò che lui sollevasse il capo. Fissò quel volto scomposto dal dolore e dalla resa.
Lo baciò sulle labbra e Diego rispose a quel bacio.




Dopo che Anna era andata via da casa sua Diego non la cercò per tre settimane. Fu lei a farsi sentire dopo circa un mese. Gli diede appuntamento al solito albergo.
« Perché hai voluto che venissi fin qui? »
« Avevo voglia di vederti e di stare con te » gli passò le braccia intorno al collo. Quella sera indossava un vestito di seta nero e largo a bretelline, semplice ed elegante. Portava i capelli sciolti e sulle labbra aveva passato un velo di lucidalabbra.
« Se non avessi accettato cosa avresti fatto? »
« T’avrei aspettato tutta la notte »
Diego si sciolse da quell’abbraccio. Andò al balcone e si accese una sigaretta.
« Hai in mente qualcosa di’ la verità »
« No. Voglio solo stare con te »
Diego sedette sulla sedia accanto al tavolino fuori dove sopra erano stati disposti un secchiello con dentro del ghiaccio e dello champagne ed un cesto di frutta.
« Te ne vai da casa mia senza neanche avvisarmi, sparisci per tre settimane e poi mi chiami per dirmi che vuoi stare con me? »
« Hai ragione ad essere arrabbiato. Mi sono comportata come una sciocca » lo vide prendere una ciliegia dal cesto e poi mangiarla. Ebbe paura a domandarglielo.
« Tu e Silvia siete tornati insieme? »
« Con lei ci vediamo tutti i giorni »
« Diego »
« Resterò qui solo se mi farai fare quello che voglio »
« Cos’è che vuoi? »
Diego s’alzò e si avvicinò a lei guardandola dall’altro in basso. « Farlo senza il preservativo »
Prima che lei potesse dire qualcosa Diego l’attirò a sé e la baciò sulle labbra.
Gli mollò uno schiaffo cogliendolo di sorpresa. Diego rise divertito.
« È stato meglio che scopare »
Si diresse alla porta della stanza. La chiuse a chiave che mise nella tasca dei pantaloni. Tornò indietro. La prese per un braccio e la trascinò con sé fuori al balcone. Anna si dimenò.
« Smettila »
« Io non mi faccio dare ordini da nessuno »
« Sei stata tu ad iniziare questo gioco »
« Non posso fare quello che mi hai chiesto »
« Sarà molto semplice e nemmeno te ne accorgerai »
« Perché? »
Diego la guardò.
« Perché vuoi farlo? »
« Quando ti agiti sei ancora più bella »
Anna fece il gesto di mordergli la mano ma Diego la mollò prima che potesse farlo. Tornò a sedersi fuori al balcone prendendo della frutta nel cestino.
« Giuro che mi butto di sotto » lo provocò Anna.
« Accomodati »
« Credi che non ne sia capace? »
« Sì che lo credo. Ma non questa sera »
« Non sfidarmi Diego »
« E tu non sfidare me »
Anna sedette a terra tenendosi a debita distanza da lui. Diego la guardava continuando a mangiare ciliegie e albicocche. La seguì con lo sguardo quando si alzò per prendere il pacco di sigarette e i fiammiferi per accendere.
Quando tornò a sedersi le tremavano le mani. Diego cercò di trattenere un sorriso di fronte alla scena ma non vi riuscì.
« C’è poco da scherzare »
« Ti riferisci al bacio o alla situazione in cui ti ritrovi coinvolta? »
« Te l’ha mai detto nessuno che sei un uomo arrogante? »
« Tutti »
Anna chiuse gli occhi appoggiando la testa al braccio che teneva sul ginocchio.
« Perché non vieni qui? »
« Qui dove? »
« Sulle mie ginocchia. Al posto di star seduta lì »
Anna si alzò e gli si mise a cavalcioni sollevando il vestito sulle cosce.
« Eh no, io dicevo di metterti seduta composta come fanno le brave signorine »
« Ma io non sono una signorina né una signora. Sono una puttana. La tua puttana » lo baciò sulle labbra avidamente. E non fu più in grado di farne a meno.
Diego la tenne stretta a sé per tutta la sera e per tutta la notte.
Fecero l’amore per la prima volta e il mattino successivo, quando si rivestirono, Diego aveva ancora in bocca il sapore fruttato del suo lucidalabbra. Aveva smesso di baciarla solo un minuto prima che il sonno la cogliesse e quando andò a trovarla il giorno seguente al locale e gli altri a venire fece lo stesso.
L’ultima volta che la vide fu per regalarle una catenina con un ciondolo a forma di quadrifoglio che lei aveva messo subito al collo.
« Spero ti porti più fortuna delle tue sigarette » le aveva detto Diego mentre l’aiutava a metterla.
Non dimenticò mai l’aspetto raggiante di Anna mentre passeggiavano l’ultima notte per le strade del centro. Si erano fermati davanti ad una vetrina che vendeva borse di Louis Vuitton, Chanel, Hèrmes e Valentino quando lei si era accorta che Diego stava guardando tutt’altra cosa.
« Che stai guardando? »
« Io e te » rispose tenendole un braccio intorno ad una spalla davanti alla vetrina che rifletteva di rimando la loro immagine.
Erano passati giorni, settimane, e di Anna non aveva più avuto alcuna notizia.
Finché una mattina ricevette una telefonata.
Si recò sul posto dove Silvia aveva avuto un incidente. La trovò che tremava e in stato di shock. Aveva investito una donna con la macchina e ora quella donna giaceva a terra scossa dai fremiti. Diego la riconobbe subito.
« Anna! »
Si precipitò da lei facendosi largo tra la folla e chinandosi sul corpo disteso a terra che lo guardava come se a tratti lo conoscesse e dopo poco non sapeva chi fosse.
« Anna… Anna guardami. Guardami Anna, mi riconosci? »
Provò a sollevarla per prenderla e portarla via ma nel farlo la sentì gemere. Il sangue le colava dal naso e aveva tutt’e due le ginocchia sbucciate.
« Chiamate un’ambulanza! » qualcuno gli disse che era già stata chiamata e che stava per arrivare. Giunta sul posto Diego volle salire insieme ai paramedici e agli infermieri. Silvia, che aveva osservato tutta la scena, gli chiese se la conosceva.
« Ti spiegherò tutto dopo. Adesso devo andare » Diego salì sulla autoambulanza che corse spedita all’ospedale con le sirene spiegazzate.
I medici dissero che Anna aveva riportato diverse fratture al bacino e alla spalla e che aveva tre costole incrinate.
Quando Silvia lo raggiunse in ospedale lo trovò in corridoio, dietro la porta della stanza di Anna, che guardava fuori dietro i vetri della finestra.
« Da quanto tempo la conosci? »
« Tre mesi e mezzo, quattro »
« Dove l’hai conosciuta? »
Diego chiuse gli occhi e li riaprì subito sull’affaccio del cortile del nosocomio. « In un bordello »
« Mi hai lasciata per una puttana? »
« Sì, ti ho lasciata per una puttana va bene? Cos’altro vuoi sapere? »
Un’infermiera passò loro accanto e si voltò a guardarli proseguendo per il corridoio.
« Diego noi due stavamo per sposarci, o te lo sei forse dimenticato? »
« Perché pensi che t’abbia lasciato? È stato meglio così, credimi. Pensa se l’avessimo fatto. Avremmo sofferto sia te che io »
« Come fai a sapere quello che è giusto per me? »
« Perché ho visto molti matrimoni fallire. Ed è stato un bene accorgermi in tempo che stavo commettendo un grave errore »
Silvia riuscì a stento a trattenere le lacrime. Gli mollò un ceffone.
« Vaffanculo stronzo »
Rimase al capezzale di Anna fino a che lei non si svegliò. Le avevano ingessato la spalla e per qualche ora fu ancora sotto effetto degli antidolorifici. Riconobbe Diego e lo salutò.
Parlarono poco. La aiutò a mangiare dopodiché Anna tornò a dormire.
Diego andò a farle visita tutti i giorni.
« Quando uscirai di qui, quando sarà tutto finito, verrai via con me »
« Diego io e te non possiamo stare insieme »
« Di cosa hai paura? Che quella strega al locale venga a cercarti e minacciarti? »
« Sarebbe il minimo…no »
« Allora cos’è? »
« Non posso sposarti Diego »
Prima di parlarle lui la guardò a lungo.
« Promettimi che uscirai dal giro della prostituzione. Mi basta saperti fuori. E non sentirai più parlare di me. Se lo farai, uscirò fuori dalla tua vita per sempre »
« E se non lo facessi? » gli chiese.
« In quel caso dovrai sposarmi. Tanto non ti servirà a nulla continuare a vivere in questa maniera. Tu non lo hai mai dimenticato »
La vide piangere tra il guanciale e le lenzuola bianche. « Mi dispiace Diego »
« Anche a me ».
Due mesi dopo Diego Dragone e Silvia Villani si sposarono nella chiesa di Santa Croce a Firenze.

Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Storie di libri e di teatro